Senza tuta nella Spazio: ecco le conseguenze

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Cosa succede al corpo umano lasciato senza protezione nello spazio?

Le pellicole cinematografiche ci hanno abituato a conseguenze disastrose e spettacolari, come l’esplosione immediata della testa appena lo sfortunato si sfila il casco, occhi che fuoriescono dalle orbite, l’ebollizione del sangue o il congelamento del proprio corpo non appena si entra in contatto con il vuoto assoluto.

Ma sequenze di questo tipo – vedete il film “Atmosfera Zero” (1981) con Sean Connery o “Total Recall” (1990) con Schwarzenegger in cui gli umani che rimangono sulla superficie di Marte iniziano a esplodere dopo pochi secondi –  sono veritiere dal punto di vista scientifico?

Starlord
La sequenza del film Marvel “I Guardiani della Galassia” in cui Star-lord resta per alcuni secondi esposto allo spazio aperto

La situazione reale potrebbe non essere così drammatica e avvicinarsi di più alle situazioni del film cult fantascientifico “2001: Odissea nello spazio” (1968) di Stanley Kubrick, in cui Dave Bowman (Keir Dullea) riesce a rientrare nell’astronave dopo un breve tragitto nello spazio senza tuta, o del più recente “Guardiani della Galassia” (2014), in cui prima Gamora e poi Star-lord sono costretti a una breve permanenza nello spazio senza alcuna protezione e senza riportare danni consistenti.

La risposta concreta alla domanda ‘Cosa succede al corpo umano lasciato senza protezione nello spazio?’, però, ci arriva direttamente da alcuni esperimenti che la NASA intaprese negli anni Sessanta in preparazione alle missioni lunari. L’obiettivo era quello di studiare e certificare gli effetti dello spazio aperto su animali e su esseri umani grazie all’utilizzo di particolari camere da vuoto, in grado di ricreare le condizioni sperimentabili a grandi altezze e a basse pressioni atmosferiche. Uno di questi esperimenti andò storto e il tecnico della NASA Jim LeBlanc rimase intrappolato, per errore,  in una di queste camere protetto soltanto da una tuta difettosa. Egli venne esposto al vuoto spinto per 14 secondi prima di perdere coscienza e fu soltanto grazie all’intervento tempestivo dei suoi colleghi che si evitarono conseguenze irreparabili.

Tutto ciò che Jim ricorda della sfortunata esperienza fu la saliva che sulla sua lingua stava cominciando a bollire (testimonianza del principio fisico secondo il quale i liquidi esposti a basse, o addirittura nulle pressioni, evaporano anche a temperatura ambiente). “As I stumbled backwards, I could feel the saliva on my tongue starting to bubble just before I went unconscious and that’s the last thing I remember” , queste le parole di Jim al riguardo.

Il corpo umano, dunque, non solo non esplode ma non subisce neppure danni permanenti. Se mai si dovesse permanere in queste condizioni per oltre 30 secondi, la morte avverrebbe per saturazione dei gas nel sangue, che farebbe perdere efficienza al cuore portando al collasso circolatorio, e quindi all’asfissia.

Camera da vuoto
La camera da vuoto nella quale restò esposto alla pressione nulla Jim LeBlanc

La prima conseguenza del vuoto è l’espansione dei gas all’interno dei polmoni per via della differenza di pressione interna ed esterna. Questo può facilmente causare l’esplosione degli alveoli polmonari e il rilascio di aria nel flusso sanguigno, ma si può per lo meno ritardare la morte per decompressione esplosiva espirando quasi tutta l’aria contenuta nei polmoni nei primi secondi di esposizione allo spazio. Quella di non trattenere il respiro o di non cercare di prendere aria (non c’è nulla da respirare!) è una “condicio sine qua non” per la permanenza nello spazio così come lo è quella di tenere occhi, narici e bocca chiusi per evitare l’evaporazione dei nostri liquidi più direttamente in contatto con l’esterno.

Il corpo umano è una straordianaria e sorprendente macchina in grado di adattarsi ad alte variazioni di pressione proprie dell’ambiente cosmico. E in questo gioca un ruolo fondamentale la nostra pelle, in grado di mantenere a pressioni basse i liquidi interni. Infatti, la pelle, data la mancanza di pressione esterna, tende a gonfiarsi a causa della formazione di vapore acqueo nel sangue e nei tessuti molli, ma non si lacera mantenendo intatta la funzionalità degli organi interni.  Trascorso un modesto intervallo di tempo la pelle si raffredderà per effetto dell’evaporazione dell’acqua e diventerà di un colore bluastro: non congelerà, come invece si nota in genere nei film di fantascienza.

Homer
Homer e Bart che stanno per esplodere nello spazio in una puntata de I Simpson

Il Sistema nervoso, invece, richiede più tempo prima di danneggiarsi, in questo caso per l’azoto che si dissolve nel sangue. L’aspettativa di vita media per la sopravvivenza nello spazio aperto non supera il minuto e mezzo. Questo tempo limite rende insignificanti le conseguenze delle rigide temperature e delle radiazioni UV, poichè l’astronauta sarebbe già morto al mostrarsi dei loro primi effetti. Nello spazio il calore è trasferito per contatto o per irraggiamento, poichè non c’è aria; inoltre il vuoto rappresenta il migliore isolante termico: la pelle, in queste condizioni, cambia temperatura molto lentamente non bruciandosi al Sole o congelandosi nelle zone buie. Probabilmente, invece, a causa delle radiazioni ultraviolette non schermate, il nostro corpo prenderebbe una bella bruciatura, ma questo non succederà prima di essere trascorso 1 minuto di tempo.

Bene, ora ogni volta che vedremo un film nel quale sventurati astronauti si deformano e muoiono per indicibili sofferenze se esposti allo spazio aperto, sappiamo che si tratta solamente di pura finzione. Purtroppo la realtà in questo caso è meno spettacolare, ma altrettanto efficiente!

#BufaleGalattiche

Bibliografia e Sitografia:
http://www.jsc.nasa.gov/history/roundups/issues/67-01-06.pdf  (pag3)
https://www.youtube.com/watch?v=KO8L9tKR4CY (intervista Jim LeBlanc)
The Effect on the Chimpanzee of Rapid Decompression to a Near Vacuum, Alfred G. Koestler ed., NASA CR-329 (Nov 1965).
Experimental Animal Decompression to a Near Vacuum Environment, R.W. Bancroft, J.E. Dunn, eds, Report SAM-TR-65-48 (June 1965), USAF School of Aerospace Medicine, Brooks AFB, Texas.
Survival Under Near-Vacuum Conditions in the article “Barometric Pressure”, by C.E. Billings, Chapter 1 of Bioastronautics Data Book, Second edition, NASA SP-3006, edited by James F. Parker Jr. and Vita R. West, 1973.

Laureando in Biologia con la passione per i videogames, per i manga, per le serie-tv, per gli sport, per le merendine, per i volantini dei negozi di elettronica... insomma, per tutto quello che può farlo distrarre dai suoi studi .

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