Ezio Bosso conquista “la stanza” dell’Auditorium

in Xanax di

Roma, Auditorium Parco della Musica – un pianoforte a coda – anzi: il (suo) amico pianoforte a coda – in mezzo al palco ci attende.
Mentre la sala Sinopoli si riempie pian piano, fino ad arrivare al tutto esaurito, l’attesa si fa sempre più calda ed elettrizzante.

L’emozione già ristagna nell’aria, gli occhi degli spettatori già brillano, qualcuno non sta più nella pelle.
Siamo pronti ad entrare nelle “stanze” di Ezio Bosso. Stanze a cui appartiene, o che appartengono alla sua esperienza. Siamo pronti a godere di quei brani che lo hanno aiutato a tornare a suonare e ad uscire dalla sua “stanza”, quei brani con cui ha ricominciato a studiare, quei brani di altri compositori dedicati a storie di stanze o partoriti da esperienze avute da loro con esse.
Sono storie di stanze, che rivelano da dove egli proviene, dove si trovano le radici della musica che compone, stanze che rappresentano il suo percorso meta-narrativo e rivelano i due musicisti che in lui convivono: il compositore e l’interprete.

Ed eccolo, il pianista/compositore Ezio Bosso fa il suo ingresso, vestito di semplicità e del suo sorriso sempre vero e contagioso, più emozionato del pubblico stesso.
Il maestro ci saluta con energia e ci parla del suo ritorno a casa, la sua dolce Roma: “Si parte da casa, passando da casa, per tornare a casa trovando casa”, sono queste le parole che introducono il suo primo brano Following a bird, lo stesso che ha incantato ed emozionato il pubblico dell’Ariston di Sanremo due mesi fa.
Nulla da dire a riguardo, si parte subito alla grande e ci si perde insieme ad Ezio in una marea di emozioni condensate in appena sette minuti. Un pezzo dolce e al contempo struggente. Come ci spiega lui stesso, ci si può perdere, seguendo dalla finestra della propria stanza il volo di un uccello, ma solo chi sa perdersi riesce a trovare poi il coraggio e la strada per ritrovarsi.

foto-concerto-ezio-bosso-roma-12-aprile-2016_panucci_-18Dopo questo avvio si passa subito ad omaggiare Bach e Chopin e tra aneddoti e chiacchiere si cambia subito atmosfera: il maestro Ezio Bosso riesce a combinare le suites del “vecchiaccio” Bach (come lui chiama in modo scherzoso) e il pianismo romantico di Chopin. Anche qui il pubblico rimane estasiato dal suo modo di riproporre brani di una classicità assoluta in maniera davvero impeccabile.

Il concerto prosegue con un altro brano suggestivo, sempre anticipato da introduzione ed aneddoti legati allo stesso: Split, postcards from far away (The Tea Room).
Ezio ci racconta la storia di un suo amico inglese veterano di guerra il quale gli ha raccontato che, dopo un bombardamento, l’unica cosa che riusciva ad immaginare, tra odore di sangue e macerie, era una tavola da tè apparecchiata con cura. Per un inglese il momento del tè è molto importante nel corso della giornata e appunto “The Tea Room” è una stanza che rappresenta la bellezza, il conforto, una stanza dove potersi rilassare o rifugiare, una stanza che racchiude un momento felice della giornata che si contrappone agli orrori della vita.

Si va avanti con altri due omaggi dell’artista:
il primo al grande John Cage, compositore e teorico musicale nonché una delle personalità più importanti e significative del Novecento. Ezio Bosso ripropone un brano del compositore statunitense In a Landscape (The Smallest Room) e anche qui l’interpretazione è davvero sublime. È curioso e divertente l’aneddoto che si nasconde dietro quest’opera, Ezio ci racconta che quando chiesero a John Cage perché avesse mai scritto un brano così poetico ed aulico, lui rispose che lo aveva composto perché era in una stanza così piccola e brutta che doveva immaginarsi dei paesaggi meravigliosi per poterla sopportare.

Il secondo omaggio è dedicato ad una delle sue poetesse preferite, Emily Dickinson, e qui il compositore ci racconta come lei abbia saputo incarnare al meglio il concetto di stanza.
La Dickinson decise di chiudersi per tutta la sua vita nella propria camera, di autorecludersi e guardare il mondo attraverso una finestra, vera ed immaginaria allo stesso tempo. Chiamava le sue Poesie: “le mie piccole stanze”. Ezio Bosso ha scritto diversi brani sulle sue poesie e questo è un frammento ispirato a lei che in una poesia scrive: “La dolcezza delle tue labbra e l’amaro delle tue parole”.
A lei dedica Emily’s Room (Sweet and Bitter) uno dei brani più toccanti ed incantevoli dell’intero concerto (ndr). Uno di quei pezzi dolci ma che lasciano al contempo l’amaro in bocca, uno di quei pezzi amabili che però racchiudono il tormento e l’angoscia di un animo inquieto.
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Dopo una piccola pausa si va verso la chiusura ed Ezio ci introduce alla seconda parte del concerto raccontandoci una teoria antica che afferma che la vita sia composta da dodici stanze. Sono le dodici stanze in cui lasceremo qualcosa di noi, che ci ricorderanno. Dodici sono le stanze che ricorderemo quando passeremo all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. E quindi si può tornare alla prima. E ricominciare.

Ecco che comincia The 12th Room, Sonata No. 1.
44 minuti di pura poesia vissuti col fiato sospeso. Un lasso di tempo che può sembrare infinito ma che all’ascolto scivola via come se fossero una manciata di secondi.
Dopo la faticosa e spettacolare performance è partita la liberatoria ovazione finale e subito Ezio, emozionato e commosso, ha voluto regalarci un altro pezzo intitolato Smile for Why.
Le parole che hanno introdotto questo brano ci hanno fatto venire la pelle d’oca e hanno confermato ancor di più l’umiltà e la forza d’animo di questo uomo:

Noi mettiamo le mani ma suoniamo insieme, grazie per aver suonato con me stasera. Noi non suoniamo bene per farci dire bravo, noi cerchiamo di suonare meglio per far suonare meglio il nostro compagno. Ne approfitto per guardarvi sorridere perché, sapete, ci vogliono più muscoli per fare un sorriso che per muovere un piede e i sorrisi avvicinano molto più dei passi. Io ho dovuto reimparare anche a sorridere. Sorridere a qualcuno contagia e può cambiare la vita dell’altro. Sorridere è esattamente come suonare, suonare meglio per far star meglio gli altri.

Il bilancio del concerto si può certamente andare a cercare nella doppia standing ovation che il pubblico gli ha riservato. Quello all’Auditorium Parco della Musica non è stato un semplice concerto di un artista, non è stata una semplice performance dettata dall’inerzia, è stato il concerto di un uomo dolce e sensibile che ha voluto guidarci all’interno delle stanze della sua vita.

Ezio ha aperto il suo cuore e ha suonato la sua vita e noi abbiamo aperto il nostro e lo abbiamo accolto. Lui ha toccato, delicatamente, i tasti del nostro cuore con la sua semplicità, con la sua umanità, con la sua poesia.
Ed è proprio questa la vera magia del Maestro Bosso:
una musica che parla all’anima e che stravolge i sentimenti. Una musica che trasuda di valore umano, una musica che racconta e che fa sognare. Una musica che racchiude l’essenza stessa della vita.

Grazie, Maestro Bosso.

Roberto Censi è nato a Palestrina nel 1990 già munito di barba (nessuno lo ha mai visto senza). Studente di Beni Culturali e appassionato di musica di ogni genere. Dopo diverse esperienze come cantante in alcune rock band locali ha deciso di smettere. Ora suona i citofoni e poi scappa via.

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